Il Rapetti di Giorgio Conte

24 September 2014

Il 3 settembre scorso ho partecipato ad Asti a una bella serata alla Cascina del Racconto, in cui si celebrava Domenico “Mingo” Chiodo, scomparso a maggio all’età di 88 anni, maestro di jazz per una bella combriccola di liceali tra cui Paolo Conte, Gian Luigi Bravo, Giorgio Conte. Sapendo della loro presenza, non ho saputo resistere alla tentazione: alla fine della carrellata dei ricordi e del concerto della Mobil Swing Band con guest star Felice Reggio, ho voluto personalmente dare in omaggio ai due fratelli cantautori il CD rapettiano dei Tre Martelli e copia dell’antologia Er len-ni an Tani.

Pensavo non inutile far conoscere il messaggio poetico del Bardo di Villa del Foro a due poeti in musica, magari diversissimi da Rapetti per estrazione sociale, ma comunque accomunati da una sensibilità finissima e dall’essere interpreti, ognuno a modo suo, di una smaliziata e intelligente “piemontesità”.

Non mi sbagliavo: ho da poco ricevuto, via mail, un caloroso messaggio di GIORGIO CONTE, che con toni entusiastici parla della poesia di Giovanni e ci comunica le sue emozioni per questa scoperta.
Ritengo doveroso condividere con i nostri Amici e lettori una così bella e straordinaria “recensione”.

Grazie, Giorgio!

(Franco Castelli)


24 settembre

Caro Castelli,

grazie per avermi fatto conoscere Rapetti.

Formidabili le sue poesie, così musicali, con un ritmo battente, pulsante come un cuore in perfetta forma, come il motore di un Landini a testa calda, messo a punto a dovere.
Riduttivo chiamarla poesia dialettale poichè il suo respiro è più ampio, universale.
Meglio in lingua italiana, fatti salvi ovviamente, i diritti dei mandrogni, da tradurre in tutte le lingue del mondo.

Il dialetto è difficile da scrivere, difficile da leggere.
Il dialetto lo si parla, lo si ascolta, lo si canta…

“Gli occhi grandi fanno la carezza che veniva con le mani prima di sporcarsi, nere,crepate, le nascondeva nel grembiule, appena lavate…
L’erba finetta… Le erbacce… Voglia di coricarsi nell’acqua,
di prendere un altro battesimo…”

Dio ! che voglia di campagna !
Ah se la Terra fosse solo campagna, tutta campagna, nient’altro che campagna !
Rapetti celebra il mondo contadino con nostalgia e amore e amaro
e struggente rimpianto :

“Ridatemi i miei sentieri di Belbo e Tanaro,
il burchiello legato alla riva con i miei anni.
Ridatemi quel tempo ad aspettare una luna vana…
gli odori del mattino nell’erba di primavera,
con le perle di sole nelle gocce dell’uva nera.

Ridatemi Tanaro dell’estate con le sabbie e il bosco…
ridatemi i biancospini lungo la riva,
quel profumo bianco da spose che inebriava
il cespuglio di sambuco e quello della rosaspina,
la spiaggia dove fa il bagno la rondine…”

Formidabili le poesie di Rapetti!

Giorgio Conte