Gianbattista Lazagna: un ritratto

22 January 2003

Carlo. Nato a Genova il 15/12/1923; avvocato. Figlio di Umberto Lazagna (v.), nell’estate del 1942 entrò in contatto con l’organizzazione clandestina dei Partito comunista a Genova (Gaetano De Negri, Giacomo Buranello, Walter Fillak) e nell’ottobre vi aderì come «candidato». Durante l’inverno, insieme ad altri compagni di università (tra cui Giuseppe Gallo, Campanella, Di Benedetto, Podestà) costituì un gruppo antifascista che si proponeva azioni di propaganda e di lotta armata contro il fascismo. Nell’estate 1943, ripresi i contatti col Partito (Buranello, Fillak e Scano), vi si iscrisse.

Dopo l’8 settembre lavorò alla costituzione della cellula universitaria, a iniziative di propaganda e alla diffusione dell’Unità clandestina. Nell’aprile 1944, dopo la cattura e la fucilazione di Buranello, salì in montagna ed entrò a far parte della Brigata Garibaldi insediata a Cichero (v.). Compiute le prime esperienze, fu nominato commissario politico del Distaccamento «Peter» comandato da Aurelio Ferrando (Scrivia). Raggiunse Parinesi e il monte Fasce, dove rimase dal maggio al luglio 1944, organizzando le S.A.P. di Uscio e Pannesi e studiando, insieme a Vuccio, l’azione di Cavassolo nella quale furono disarmati circa 70 marinai della X Mas.

Il 16/07/1944, gravemente ferito a Terrarossa di Gattorna durante una imboscata contro un automezzo tedesco, dovette lasciare il Distaccamento, che raggiunse poi a Bobbio il 23 agosto. Trasferitosi con la formazione in Val Borbera, partecipò ai combattimenti di Pertuso, guidando poi i suoi uomini durante il successivo rastrellamento. Divenuto vicecommissario politico della Brigata «Oreste» e infine commissario della stessa, nell’autunno-inverno 1944-45 partecipò a numerose azioni di guerra. Vicecomandante della Divisione Garibaldi – Pinan-Cichero dalla sua costituzione (marzo 1945), entrò a far parte del comitato di partito della Divisione stessa.

In quel periodo curò in modo particolare i rapporti con la popolazione civile (Giunte comunali, scuole medie di nuova istituzione) e i problemi di strategia e tattica delle formazioni, sia da un punto di vista offensivo (battaglione mortai, servizi logistici, squadre di villaggio) che difensivo (piani di difesa, di ritirata, di occultamento, di aggiramento).

Il 25/04/1945 ricevette e controfirmò l’atto di resa della guarnigione tedesca di Tortona.

Dopoguerra

Decorato di medaglia d’argento al valor militare per il contributo dato alla lotta partigiana, dopo la Liberazione lavorò ‘ per alcuni mesi all’edizione genovese dell’Unità e, nello stesso tempo, scrisse il libro Ponte Rotto, frutto della sua diretta esperienza partigiana (ed. a Genova nel 1946; 2 edizioni, nel 1964 e nel 1968 a Novi Ligure; IV e V ed. nel 1972 e nel 1975 a Milano) .

Collaborò inoltre al settimanale «Il partigiano», in particolare alla breve storia dell’insurrezione di Genova ivi pubblicata (1947). Segretario di sezione dei P.C.I. dal 1947 al 1951 e tra i dirigenti della Federazione comunista genovese fino al 1964, è stato segretario per la Liguria del Comitato di solidarietà democratica (1949-56), consigliere provinciale di Genova (196064), consigliere comunale di Novi Ligure (1966-71), consulente centrale dell’I.N.C.A. per i problemi giuridici della previdenza sociale fino al 1970.

Nel 1974 pubblicò il libro Carcere, repressione, lotta di classe, sintesi della sua esperienza di studioso e di antifascista militante di fronte ai problemi della repressione giudiziaria. Nell’ottobre ’74 fu arrestato in connessione alla inchiesta sulle « Brigate Rosse ». Nel carcere di Fossano conobbe Giovanni Pircher e compilò il libro Il caso del partigiano Pircher (La Pietra, 1975) contribuendo cosi alla sua liberazione.

Negli anni Novanta era ritornato all’attività politico-culturale in provincia di Alessandria, diventando l’animatore della sezione ANPI Val Borbera, distintasi subito per l’impegno nel promuovere, oltre alle manifestazioni celebrative, importanti moneti di riflessione e di dibattito sui temi della resistenza e dell’antifascismo.

Grazie al suo impegno la sezione ANPI Val Borbera fondò anche il “Centro di documentazione di Rocchetta Ligure”, che in questi anni si è segnalato per l’organizzazione di importanti convegni storici e per la pubblicazione di una collana di studi storici.

Tra i volumi pubblicati dal “centro” bisogna ricordare gli atti del convegno (svoltosi nel settembre 200) Val Borbera 1943-1945. Cronache e testimonianze di libertà e di solidarietà internazionale, e L’intervista a “Minetto” comandante della brigata Arzani, che rappresenta l’ultimo lavoro saggistico di Lazagna.


Il suo commento sugli atti vandalici subiti dal Sacrario della Benedicta lo scorso autunno

Informato dell’oltraggio e della devastazione del Sacrario della Benedicta dedicato ai quattrocento partigiani fucilati o deportati il 6 aprile del 1944, Giambattista Lazagna, partigiano e presidente dell’ANPI Val Borbera “Pinan” ha dichiarato:

La notizia mi riempie di rabbia nei confronti dei teppisti che hanno consumato l’oltraggio da vigliacchi come erano nel 1944 e come sono oggi i loro figli e nipoti, operando in luogo deserto ed incustodito per ferire la memoria dei caduti e di tutta la popolazione di cui essi erano figli. La notizia tuttavia non mi sorprende perché innanzitutto è frutto di un clima creato negli ultimi anni da chi ha voluto rivalutare fascisti e nazisti per varie ragioni di ambizioni elettorali, di interessi economici di pennivendoli, e soprattutto di servilismo rampante.

Anche qui da noi, in Val Borbera, terra di zona libera partigiana, gli SS della casa dello studente di Genova, i seguaci dell’ergastolano colonnello Engel e i suoi giovani ammiratori, si sono dati appuntamento il 22 settembre scorso a Vigoponzo di Dernice per ricordare i 33 SS italiani, spie travestiti da partigiani e traditori che avevano giurato fedeltà ad Adolf Hitler, catturati e fucilati dai partigiani il 14 settembre. Il 14 settembre, un po’ dappertutto, messe, cerimonie, servizi giornalistici, ispirati ad una pietà di cui nessuno aveva sentito il bisogno per oltre cinquant’anni!

Facciano liberamente i loro riti, ma non osino ostentare la loro presenza come è stato fatto sparando sulla lapide di Pertuso che ricorda 108 caduti partigiani e valligiani . Abbiamo organizzato a Pertuso un presidio con appelli telefonici e verbali, e abbiamo radunato cinquanta persone attorno alla stele dei caduti e alla nostra bandiera.

Ma il presidio ideale e materiale al nostro territorio libero partigiano, rimane e sarà rafforzato.